La manovra di Draghi di 23 miliardi non ci soddisfa su lavoro, pensioni, Mezzogiorno, tasse, sanità, scuola e università

Nella conferenza stampa del 28 ottobre, presentando la legge di Bilancio per il 2022 e di bilancio previsionale per il triennio 2022-2024, appena approvata dal Consiglio dei ministri all'unanimità e con tanto di “applauso finale”, Mario Draghi ha detto che si tratta di una “manovra espansiva” per sostenere la crescita nel quadro di un “momento per l'Italia molto favorevole”, e che con essa “si gettano le basi perché continui a un livello più alto e sia anche più equa”.
Effettivamente i 23 miliardi di questa manovra, che diventano circa 30 considerata nell'intero triennio, non sono coperti da equivalenti tagli alla spesa come nel passato, ma finanziati a debito sfruttando un margine di 1,2 punti di Pil ritagliato appunto dal rimbalzo dell'economia che sta crescendo oltre le previsioni, ma di qui a dire che la manovra è anche “equa” ce ne corre. Intanto perché questi miliardi saranno comunque fatti pagare alle masse quando l'economia capitalista uscirà dall'emergenza pandemica e si ristabiliranno le feroci regole liberiste europee, e poi perché la distribuzione di queste risorse è tutt'altro che indirizzata a sostenere i lavoratori e le masse popolari, bensì in larga parte le imprese capitaliste e le classi più abbienti, e in particolare questa legge di Bilancio 2022 è nettamente insoddisfacente su capitoli fondamentali come il lavoro, le pensioni, il Mezzogiorno, le tasse, la sanità, la scuola e università.
A sostegno diretto delle imprese vanno infatti almeno un terzo delle risorse complessive:11 miliardi, di cui 8 per l'aiuto all'internazionalizzazione delle stesse e 3 miliardi per rifinanziare il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Inoltre sono prorogati, anche se rimodulati, tutti gli gli incentivi (iperammortamento, credito d'imposta per ricerca e sviluppo, “Nuova Sabatini” per l'acquisto di beni strumentali delle Pmi e così via). E se si include anche il sostegno indiretto, come i 4,6 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali e i 650 milioni del rinvio della Sugar tax e della Plastic tax siamo già ben oltre la metà del totale. A cui andrebbero aggiunti gli 8 miliardi stanziati per la riduzione delle tasse, che secondo il governo dovrebbero andare in parte alla riduzione dell'Irap (l'imposta sulle imprese che finanzia la sanità) e per il resto all'abbassamento dell'Irpef ai redditi medio-alti.
Per il lavoro non sono previsti investimenti, e non si va oltre la logica assistenziale già vista con l'emergenza Covid dell'estensione della cassa integrazione, dei prepensionamenti, dei contratti di solidarietà, della decontribuzione alle imprese per l'assunzione di lavoratori delle aziende in crisi, e così via. E anche su questo fronte i soldi stanziati sono neanche la metà di quelli chiesti inizialmente dal ministro del Lavoro Orlando per i nuovi ammortizzatori sociali.
Il Reddito di cittadinanza, che comunque rientra nella stessa logica puramente assistenziale, è stato rifinanziato nonostante che Lega, FI e IV, per non parlare di Confindustria, ne avessero chiesta a gran voce la cancellazione, ma ha subito diversi peggioramenti in senso fortemente punitivo per assecondare la loro propaganda demagogica sui disoccupati, che preferirebbero percepire il Rdc anziché accettare le offerte di lavoro. Inoltre, sempre in ossequio alle richieste di Confindustria, accanto ai Centri per l'impiego sono state fatte entrare le agenzie di collocamento private, che si spartiranno una ricca fetta dei sussidi.
 

Landini, Sbarra e Bombardieri si inginocchiano a Draghi
Per le pensioni ci sono appena 600 milioni per coprire Quota 102 solo per un anno e la proroga di Ape sociale e Opzione donna, dopodiché si tornerà alla piena applicazione della Fornero, con il pensionamento a 67 anni per tutti. Nella riunione con i vertici di Cgil, Cisl e Uil del 26 ottobre, Draghi non ha fatto loro la minima apertura sulle pur timide richieste di una riforma complessiva basata su un'uscita flessibile a partire da 62 anni per tutti i lavori usuranti, e comunque per tutti con 41 anni di contributi, e per un sistema di garanzia previdenziale per i giovani. Anzi ha abbandonato con arroganza la riunione limitandosi a promettere l'apertura di un “tavolo” nei prossimi mesi per un “confronto intenso con le parti sociali” sull'assetto previdenziale dal 2023. Fermo restando che “l'obiettivo è tornare prima possibile al sistema contributivo”. Tradotto: abolire anche il sistema misto ad esaurimento, dato che per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 vale già il solo sistema contributivo.
Il Mezzogiorno non è nemmeno nominato nella manovra. Manca infatti qualsiasi provvedimento specifico per il Sud, in compenso sono stati stanziati 1,5 miliardi, nel periodo 2022-2026 per finanziare il Giubileo del 1925 a Roma, più altri fondi per le olimpiadi di Milano-Cortina. Oltretutto, tornando al tema delle tasse, nella manovra non c'è neanche un accenno alla lotta all'evasione fiscale, e anche questo la dice lunga sull'“equità” tanto sbandierata dal banchiere massone.
Anche per la sanità e per la scuola e università non ci sono interventi strutturali e prevale invece la logica emergenziale. Gran parte dei finanziamenti al SSN vanno infatti per l'acquisto di vaccini e farmaci anti-Covid, e quelli all'università sono in grossa parte vincolati a rafforzarne l'assetto aziendalista e privatistico. In particolare non ci sono le massicce assunzioni che necessitano urgentemente per colmare i vuoti creati da decenni di tagli al personale nella sanità, tranne una generica promessa di stabilizzazione del personale assunto a termine, e per la scuola c'è solo una proroga di altri 6 mesi per gli insegnanti precari assunti per garantire le lezioni in presenza. Anche la quota per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici è insoddisfacente: 310 milioni per il 2022 e 500 milioni per il 2023 e 2024, che si traducono in un incremento di appena lo 0,3% sugli stipendi tabellari dal 1° aprile al 30 giugno 2022, e dello 0,5% a partire dal 1° luglio 2022.
I vertici di Cgil, Cisl, e Uil, che a caldo, dopo la rottura con Draghi su lavoro, pensioni, tasse e ammortizzatori sociali, avevano ventilato il ricorso allo sciopero, dopo pochi giorni hanno fatto marcia indietro ripiegando su una più generico e innocuo “percorso di mobilitazione con assemblee sui posti di lavoro, iniziative e manifestazioni regionali”.
Grave che Landini si sia allineato ai collaborazionisti Sbarra e Bombardieri, isolando così la Fiom che da sola aveva avuto il coraggio di proclamare subito un pacchetto di 8 ore di sciopero in risposta all'arroganza e alla chiusura del governo. Evidentemente sono bastate le parole sornione di Draghi (“mi sembrerebbe strano uno sciopero, vista la disponibilità del governo a discutere”) per convincere i vertici confederali a capitolare.
Noi invitiamo invece le lavoratrici e i lavoratori, i sindacati di base e l'opposizione di classe ad unirsi ai metalmeccanici della Cgil, agli operai della Gkn e delle altre aziende in lotta per il posto di lavoro per chiedere con forza la proclamazione di uno sciopero generale nazionale di 8 ore con manifestazione a Roma per affossare la legge di Bilancio inadeguata e iniqua di Draghi e pretendere dal governo risposte soddisfacenti sul lavoro, i licenziamenti e le crisi aziendali, le pensioni, il Mezzogiorno, le tasse e l'evasione fiscale, la sanità, la scuola e gli altri temi più urgenti all'ordine del giorno.
Qui di seguito presentiamo più in dettaglio le principali misure della legge di Bilancio di cui abbiamo accennato sopra.
 

Lavoro e ammortizzatori sociali
Dal primo novembre 13 milioni di lavoratori di piccole e medie imprese non usufruiscono più del blocco dei licenziamenti. Rischiano soprattutto quelli dei settori di tessile e abbigliamento, pelli, cuoio e calzature, commercio, alberghi e ristoranti, turismo ecc. I 4,6 miliardi ottenuti da Orlando, sui 10-12 chiesti inizialmente per i nuovi ammortizzatori sociali, bastano appena per il Fondo di integrazione salariale per le imprese con meno di 5 dipendenti, finora senza Cig, che potranno chiedere fino a 13 mesi ogni biennio mobile. Che salgono a 26 per le imprese tra i 6 e il 15 addetti.
Ci sono poi la proroga per il 2022 e 2023 del contratto di espansione, con lo scivolo pensionistico di 5 anni per le imprese con più di 50 dipendenti (il limite precedente era di 100); l'istituzione di un Fondo per il pensionamento anticipato di lavoratori di almeno 62 anni riservato alle aziende in crisi le cui vertenze sono gestite dal Mise di Giorgetti, con una dotazione complessiva di 200 milioni l'anno nel triennio; e, sempre per i lavoratori di codeste aziende, lo stanziamento di 15 milioni l'anno per l'esonero contributivo totale alle aziende disposte ad assumerli a tempo indeterminato.
 

Reddito di cittadinanza
Il Rdc viene rifinanziato con un miliardo aggiuntivo per il 2022. Ma vengono stretti i controlli in entrata (anche se i casi di abusi accertati dalla Gdf sono circa l'1%) e ridotti i margini di libertà per i percettori “occupabili” (1,1 milioni su 3,8 totali), che ora dovranno accettare anche lavori precari, a distanze maggiori, e offerti anche da agenzie private “in somministrazione”. Adesso il percettore di Rdc poteva rifiutare fino a tre offerte di lavoro “congrue”. Dal 1° gennaio solo due, poi si è fuori. Al rifiuto della prima offerta (un lavoro, anche precario, entro 80 km da casa) scatta una decurtazione di 5 euro ogni mese per i sussidi oltre 300 euro (1% dell'assegno medio). Per il secondo lavoro si passa dai 200 km attuali all'intero territorio italiano.
Finora le imprese che assumevano un Rdc a tempo pieno e indeterminato avevano diritto di riscuotere dall'Anpal un bonus di 780 euro per almeno 5 mesi, ora lo potranno anche per i contratti precari. Sparisce l'Anpal ed entrano le agenzie private, come chiedeva Bonomi, che sui contratti intermediati avranno diritto a trattenere il 20% del bonus.
 

Pensioni
Per le pensioni Draghi offre solo 600 milioni nel 2022 (450 nel 2023 e 500 nel 2024), da distribuire tra Quota 102, Ape Sociale e Opzione donna. Quota 102 (64 anni di età e 38 anni di contributi), che interesserebbe solo 10 mila persone, varrebbe solo per il 2022, poi si tornerà ai 67 anni per tutti della Fornero.
L'Ape sociale, cioè la possibilità di andare in pensione anticipata per alcune categorie di lavoratori che svolgono lavori considerati usuranti, è prorogata al 2022. Per accedervi occorrono 63 anni di età e 36 di contributi. Dal 2022 viene allargata ad altre 23 categorie, tra cui per esempio le maestre, sulle 27 indicate dalla commissione dell'ex ministro Damiano.
Prorogata al 2022 anche Opzione donna. E' molto penalizzante, perché interamente contributiva, con un taglio di circa il 30%, e per questo nel 2020 è stata utilizzata solo dal 2% delle donne andate in pensione. Ma sale di due anni l'età per accedervi: da 58 a 60 per le dipendenti e da 59 a 61 per le autonome, con 35 anni di contributi. E bisognerà aspettare un ulteriore anno di finestra mobile prima di ottenere la pensione.
Inoltre non c'è niente per gli esodati rimasti, per i lavoratori precoci, e soprattutto per i giovani, che a causa di disoccupazione e precariato dilaganti con questo sistema hanno poche speranze di ottenere una pensione appena decente. Ormai infatti il contributivo, introdotto nel '95, sta diventato dominante (sempre che Draghi, come ha fatto capire, non lo abolisca del tutto). Si calcola che quasi il 60% di chi è entrato nel mondo del lavoro negli anni 90 avrà una pensione inferiore alla soglia di povertà. E ci sono già 5,3 milioni di pensionati che vivono con meno di 1.000 euro mensili lordi.
 

Tasse
L'obiettivo dichiarato dal governo con gli 8 miliardi stanziati, è di “ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali”, anche mediante una “revisione organica del sistema delle detrazioni”, nonché ridurre l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive” (l'Irap, che vale 12 miliardi l'anno e di cui Bonomi reclama l'abolizione). Per evitare discussioni nella maggioranza Draghi ne ha rimandati i dettagli ad un emendamento governativo da concordare in parlamento, sulla base dell'indirizzo già espresso della Commissione Finanze, orientata per un abbassamento del 3° scaglione di reddito, attualmente al 38%, da portare al 35% circa.
Ciò interesserebbe solo 7 milioni di italiani che dichiarano tra 28 mila e 55 mila euro all'anno, ed ovviamente con forti vantaggi anche sugli scaglioni successivi, di modo che ne verrebbero alleggeriti solo i redditi più alti. Infatti, fino a 28 mila euro di reddito, cioè per la stragrande maggioranza di lavoratori dipendenti, piccoli artigiani e commercianti, circa l'80% dei contribuenti, non ne verrebbe nessun beneficio. Guadagnerebbero invece da 600 a 1.000 euro all’anno i contribuenti con reddito compreso tra i 28 mila e i 75 mila euro all’anno, con il beneficio concentrato soprattutto su una platea ristretta del 2,2% degli stessi.
Vi sono poi altri 2 miliardi per ridurre l'impatto dell'aumento delle tariffe di Gas ed elettricità sui redditi più bassi, decisamente pochi a fronte di rincari previsti fino al 45% delle bollette.
 

Sanità
Per il 2022 sono previsti 1,8 miliardi per l'acquisto di vaccini e medicinali anti-Covid, e viene rifinanziato il Fondo Sanitario Nazionale con 2 miliardi aggiuntivi l'anno fino al 2024. Ci sono inoltre 600 milioni nel triennio nel Fondo per i farmaci innovativi. Ma sulle assunzioni la legge dice solo che “gli enti del Servizio Sanitario Nazionale vengono autorizzati a stabilizzare il personale assunto a tempo determinato durante l’emergenza”, senza fornire alcun dettaglio. Si parla di 12 mila borse di studio l'anno per gli specializzandi in medicina, ma non ci sono accenni per esempio agli infermieri, e secondo le organizzazioni di categoria ne mancherebbero almeno 60 mila.
 

Scuola e università
Il governo si vanta di aver aumentato i finanziamenti al Fondo ordinario per l’Università e al Fondo Italiano per la Scienza e di aver creato un nuovo Fondo Italiano per la Tecnologia. Ma in realtà gran parte di queste risorse sono “vincolate” per assunzioni straordinarie al di fuori delle normali procedure, borse di dottorato e ricerca, valorizzazione dei professori, chiamate dirette dall'estero ecc., secondo una logica prettamente liberista e aziendalista.
Per la scuola non ci sono assunzioni stabili, ma è prevista solo la possibilità di prorogare i contratti di circa 20 mila docenti, assunti a tempo per l'emergenza Covid, fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021/2022, e nel limite delle risorse stanziate che ammontano a 300 milioni. Ci sono anche 200 milioni sul fondo unico per l'edilizia scolastica, ma spendibili dal 2027.


3 novembre 2021